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Perché fare arte è più doloroso che calpestare mattoncini lego?

Aggiornamento: 26 nov 2024

Immaginate di camminare a piedi nudi per la stanza. È estate, fuori fa caldo e c’è un’aria un po’ pesante, afosa, che si appiccica alla pelle. Provate un fastidio immenso e l’unica fonte di sollievo è il pavimento di marmo freddo sotto i vostri piedi. Continuate a camminare per godervi quell’unica sensazione di libertà e leggerezza. Vi fa stare bene, la ricercate, vi fidate. Per un attimo, chiudete gli occhi...e TAC! Un dolore acuto, intenso e inaspettato vi invade. La pianta del vostro piede adesso somiglia a una groviera e le parole che fuoriescono dalla vostra bocca possono essere riassunte così #$@!%. Siete stati strappati via da un magico momento e ora, più che dolore, provate rabbia. Prendete in mano il mattoncino lego che fino a questo momento è rimasto fermo, immobile, sotto il vostro piede, e lo rigirate tra le dita. Guardate quel duro pezzo di plastica e pensate che, dopotutto, non sarà sicuramente questo a farvi smettere di camminare a piedi scalzi. E così, dopo pochi attimi, tornate a godervi la freschezza del marmo.


Adesso prendete quella sensazione opprimente dettata dal caldo afoso e trasformatela in un sentore più profondo ed intimo. Qualcosa che vi appartiene e dal quale non potete nascondervi. Forse è una sensazione scomoda? Fastidiosa? Oppure è calda, avvolgente, piacevole? Qualsiasi sia la vostra emozione, sentite l’irrefrenabile bisogno di volerla rappresentare, farla sfogare, lasciarla uscire, conoscerla. Nei giorni e settimane a seguire, questo sarà il vostro primo pensiero: trovare la giusta forma per lasciare andare quell’energia e ricevere in cambio un po’ dello stesso sollievo che dava il marmo freddo. Per riuscirci, però, vi toccherà scavare a fondo dentro di voi, arrivando a percepire parti del vostro corpo che nemmeno sapevate di avere. Vi dovrete mettere a nudo, rendervi vulnerabili e fragili finché, finalmente, dopo nottate insonni passate a seguire strade sbagliate, vi troverete davanti a un famoso “colpo di genio”. Ed eccola ben chiara, nella vostra mente, l’immagine perfetta che racchiude tutto: è così vivida e realistica che vi sembra quasi di poterla toccare...D’istinto prendete il primo pezzo di carta che vi passa sotto mano e iniziate a disegnare. E a disegnare. E a disegnare. Fate e disfate mille e una volta fino ad ottenere qualcosa che, seppur non perfettamente, racconta voi stessi. Vi siete portati alla luce, avete preso quelle parti nascoste nelle vostre viscere e le avete trascinate così in superficie che adesso si trovano esattamente sotto i vostri occhi e, a modo loro, vi stanno parlando.


Ora immaginate di aver combattuto contro tutti i pensieri negativi che una mediocre autostima può far nascere e aver preso la decisione di mostrare la vostra opera all’ennesima persona che possa, in un qualche modo, aiutarvi a muovere i primi passi come artista. Ma l’incontro non va come sperato e quella persona non si mostra molto attenta o ben disposta. Giudica il vostro quadro come mediocre, pensa che forse non vale la pena esporlo da qualche parte e non crede che abbia del potenziale. Questo, per voi, è un vero e proprio pugno nello stomaco: un dolore acuto, intenso e inaspettato. Vi fa sentire piccoli, mediocri e senza possibilità. Non sapete contro cosa prendervela e decidete di riversare tutto il rancore verso voi stessi e, mentre il vostro sguardo si perde all’interno dell’opera, il vostro cervello vi dice che forse l’idea di voler fare l’artista era qualcosa di insensato, totalmente inadatto a voi e che, dopotutto, sarebbe il caso di smetterla di sognare.


Prima di concludere questo scritto che più che un blog sembra l’allenamento per un gioco di ruolo e, dopo aver dato libero sfogo a diverse riflessioni, torno a farvi la fatidica domanda: perché fare arte è più doloroso che calpestare mattoncini Lego?

Un mattoncino Lego, per quanto fastidioso possa essere, è un oggetto fisico, tangibile. L'arte, al contrario, è spesso il risultato di un'emozione fragile, di un momento di ispirazione che può svanire in un attimo. Mentre un mattoncino è solo una fonte temporanea di dolore fisico, l'auto-critica affonda radici più profonde, alimentando insicurezze e dubbi che possono durare a lungo. Ogni opera d’arte è un riflesso dell’artista stesso; per questo, il giudizio che si emette su di essa si rispecchia sulla persona che l’ha creata. Quando si inizia un progetto artistico, ci si espone a una vulnerabilità profonda e la paura di non essere all'altezza, di non soddisfare le proprie aspettative o quelle degli altri, può trasformare il processo creativo in un terreno minato.


Fare arte, dunque, richiede un sacrificio emotivo. Ogni artista mette in gioco parti di sé, raccontando storie personali, esperienze e sentimenti attraverso i propri lavori e sebbene questo processo può essere catartico, comporta anche un certo grado di sofferenza. Rivelare le proprie vulnerabilità è un atto di coraggio e questo può portare a un dolore profondo quando si affrontano temi difficili o si traggono ispirazioni da esperienze traumatiche. In questo senso, l’arte è un viaggio attraverso le proprie cicatrici, un percorso che richiede di affrontare e superare il dolore, ora dopo ora.




 
 
 

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